Sentieri Creativi: i progetti vincitori dell'edizione 2024

I progetti vincitori dell’edizione di quest’anno di Sentieri Creativi sono Storie dal becco di Gianmarco Cugusi e Roberto Picchi, per il comune di Dossena, e Che sventoli per bacco! | Prove di volo per un nuovo immaginario di comunità di Francesco Ferrero, per il comune di Roncobello.

Lo ha annunciato venerdì 25 ottobre, durante l’evento di premiazione che si è tenuto nella Biblioteca comunale di Dossena, la giuria formata da Valentina Gervasoni, Project Manager di GAMeC, Francesco Pedrini, artista e Vicedirettore del Politecnico delle Arti, Yvan Caccia, Presidente Parco delle Orobie, Luca Coluccia, operatore di Bergamo per Giovani, Ilaria Rovelli sindaca di Roncobello e Fabio Bonzi sindaco di Dossena.

Ciascuno dei due progetti riceverà un premio di 3000 euro, grazie a cui l’opera potrà essere realizzata nel primi mesi del 2025 nel territorio per cui è stata progettata.

In concorso, oltre a quelli premiati, anche i progetti Uno spazio contemplativo per riempire un buco di Aurora Scinetti e Rincorrer di pietre di Claudia Mangone.

Dopo una prima residenza formativa presso il Centro Parco Ca’ Matta, nel Parco dei Colli, il gruppo di 5 artisti e artiste, selezionato tra un totale di 16 partecipanti, ha preso parte a una residenza di produzione nel Parco delle Orobie per approfondire la conoscenza del territorio e perfezionare i progetti delle opere site-specific.

Vuoi conoscere da vicino i progetti dell’edizione 2024 di Sentieri Creativi? Venerdì 6 dicembre alle 18 vieni all’aperitivo di presentazione presso lo Spazio Giacomo di Via Quarenghi 48 c/d, a Bergamo.

Sentieri Creativi è un progetto di Bergamo per Giovani, le politiche per giovani del Comune di Bergamo, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti G. Carrara, ora Politecnico delle Arti “Donizetti-Carrara”, Alchimia Cooperativa Sociale, con il patrocinio del Parco dei Colli di Bergamo e per la prima volta con la collaborazione di GAMeC di Bergamo, in partenariato con il Comune di Dossena, il Comune di Roncobello, il Consorzio Forestale Menna Ortighera e il Parco delle Orobie per il festival “Na.Tur.Arte - L’Area Wilderness Valparina tra ospitalità, Arte e Natura” inserito all’interno del programma culturale “Pensare come una montagna’’ del museo.


La residenza di produzione è proposta e organizzata da GAMeC e dai partner del programma “Pensare come una montagna’’ e del festival “Na.Tur.Arte - L’Area Wilderness Valparina tra ospitalità, Arte e Natura”.

Grazie ad Alessandra Pioselli, Stefano Boccalini, Rossella Aldegani, Rosita Forastiere, Gaetano Lofrano, Nicholas Ferrara, Andrea Greco, Francesca Allievi, Enrico Bassi ed Ettore Favini per aver portato il loro sguardo ed esperienza nelle residenze.

Un ringraziamento particolare a Francesco Pedrini, che ha accompagnato e guidato il gruppo nel percorso formativo e di produzione.

I progetti

Dossena

Storie dal becco - vincitore
di Gianmarco Cugusi e Roberto Picchi

Ispirati dalla morfologia serpentesca del sentiero che dalle miniere di Dossena conduce al Becco [ndr: passerella a strapiombo su una falesia di circa 250 metri con vista sulla Valparina], abbiamo ideato un percorso scultoreo a stazioni che prende spunto dalle processioni tipiche dei riti della Via Crucis. Ogni edicola è pensata per essere deposta durante il giorno dell’inaugurazione, quando una camminata/processione condurrà la comunità ad attivare l’opera fino ad arrivare al Becco, inteso metaforicamente come cattedrale contemplativa. Il percorso diventa una linea temporale che, attraverso immagini e parole, unisce ciò che è stato con il presente e con le aspirazioni future di chi oggi vive e incontra questo territorio.

L’iconografia delle stazioni/sculture sarà il frutto del dialogo con gli abitanti di Dossena e delle ricerche storiche condotte attraverso la lettura di libri dedicati alla storia del territorio.

Questo patrimonio culturale racchiude tradizioni, miti e pratiche che hanno segnato la vita della comunità, tra cui le mascherate, il gioco della palla tamburello, il Madunù, l’opera dell’artista locale Filippo Alcaini, i murales che adornano le case del paese, e i riti e la mitologia popolare, raccontando una storia corale che unisce la memoria personale degli abitanti con la memoria collettiva del territorio.

Uno spazio contemplativo per riempire un buco
di Aurora Scinetti

“Con ciò che manca puoi immaginarti ciò che c’era”

Questa riflessione sul vuoto e sul pieno guida la mia opera, un tentativo di riempire un buco e di esplorare la dissonanza tra queste due dimensioni. La cava è archetipo del pieno e del vuoto.

A Dossena il paesaggio è profondamente mutato con la cava/miniera. C’è stato un tentativo di svuotare l’ambiente, portare via materia, ora permangono dei solchi, spazi liminali che si immergono nel terreno e scendono verso il basso. Questi vuoti portano il segno del nostro passaggio.

La mia azione non vuole essere una trasformazione irrimediabile del territorio, è piuttosto un gesto che vuole illuminare i margini, uscire dai sentieri curati e tentare di riempire il vuoto di materia con la presenza di corpi vivi. I corpi escono dal sentiero principale, camminano nell’erba alta, spostano rami, inciampano in pietre, e raggiungono l’incolto, l’ambiente indomito. Uscire dal sentiero porta all’incontro con la noncuranza, con il selvaggio. Lo spazio che si raggiunge è un ammasso di rocce colpite dal sole: è il pieno.

L’installazione diventa un tentativo di creare uno spazio relazionale di contemplazione, in cui si arriva solamente spostando lo sguardo e scegliendo una deviazione. Le pietre sparse nel paesaggio, durante l’azione, si raggruppano. Ogni

blocco di pietra è diverso dall’altro. Il visitatore può scegliere se fissare il vuoto, il buco, o se fissare il pieno, un cumulo di rocce ammassate. La pila di rocce non

invita a uno sguardo contemplativo; difficilmente ci si sofferma per lungo tempo su un cumulo di pietre ferme. Sederci sul ciglio del buco e immergerci nella materia rocciosa ci conduce a uno stato di contemplazione sulla natura__sullo spazio__su ciò che era. Lo spazio che si crea deve essere un dispositivo per il rapporto uomo___ambiente__natura. ll materiale non trattato_pietre locali_il pieno.

Roncobello

Che sventoli per bacco! | Prove di volo per un nuovo immaginario di comunità - vincitore
di Francesco Ferrero

Il progetto prende vita dal desiderio di coinvolgere la comunità di Roncobello in un processo condiviso di rielaborazione dell’iconografia locale, esplorando e riprogettando simboli che ne raccontino l’identità, sia nella tradizione che nella contemporaneità; mira alla creazione di un nuovo immaginario condiviso, trasformando simboli storici in nuove espressioni di identità collettiva. La partecipazione attiva della comunità rafforza il legame profondo tra persone e territorio.

Il percorso progettuale si sviluppa in diverse fasi: inizialmente, attraverso una ricerca sui simboli araldici locali e il loro significato storico e sociale. Successivamente, questa ricerca prende forma in un laboratorio creativo, dove le scuole elementari di Piazza Brembana collaborano alla creazione di nuovi segni grafici che diverranno parte dei nuovi stendardi.

L’installazione finale prevede l’esposizione di tre grandi bandiere nella zona del Castello Forcella, a Bordogna. Questo atto rappresenta simbolicamente una riconquista dello spazio pubblico, marcato da una forte presenza visiva che testimonia il nuovo immaginario comunitario.

Rincorrer di pietre
di Claudia Mangone

Il paesaggio attorno al Castello della Forcella di Bordogna è un paesaggio che mostra i segni dell’intervento umano, ne riflette gli atteggiamenti diversificati nel tempo e manifesta la mutua corrispondenza tra uomo e natura. Il Castello, costruito attorno al 1100, fu la fortezza difensiva della famiglia Fondra-Bordogna. Durante il 1400  attraversò una fase di abbandono e distruzione: gran parte delle mura caddero e le grandi rocce di verrucano lombardo che ne costituivano il perimetro vennero riutilizzate dagli abitanti locali per le proprie costruzioni. Le pietre che costituivano le mura del castello, ritornano a vivere in forma di materia pubblica e non più come pietra ad uso esclusivo privato.

Ad oggi del Castello si manifesta tanto la presenza quanto l’assenza. L’assenza delle cinta murarie, in termini fenomenologici, è stato il punto di partenza di questa ricerca. Il paesaggio del castello è stato “derubato” delle sue pietre perché venissero impiegate come materiale edile per le case di Bordogna. In virtù di ciò ho pensato di mettere in atto un meccanismo di restituzione. Si tratta di “derubare” a mia volta le case degli abitanti di Bordogna per restituire qualcosa di nuovo al castello. Derubare in senso lato: entrare entro queste nuove e vecchie mura, quelle delle case; parlare con chi le abita per scoprire di che immagini si circonda; e sintetizzare un’immagine che li descriva ispirata ai loro racconti, oggetti o dettagli.

Le immagini che ne risultano, elaborate in forme semplici e tridimensionali, possono svolgere un ruolo araldico, di rappresentanza, come stemmi di famiglia. Queste forme, che provengono da una sintesi di ciò che sta dentro le mura delle case, verranno portate entro le mura del castello, attivando da una parte la logica della restituzione, dall’altra proseguendo questo percorso di riappropiazione sociale da parte della collettività di ciò che prima era esclusivo e privato.